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L’approccio biomedico alla malattia di Alzheimer è attualmente caratterizzato da una forte enfasi sulla diagnosi precoce. L’intento è di individuare condizioni di declino cognitivo potenzialmente passibili di evolvere in demenza, quali il Mild Cognitive Impairment (“deterioramento cognitivo lieve”), concetto controverso all’interno della comunità scientifica anche rispetto al suo uso clinico. Le questioni critiche rievocano i temi centrali del dibattito pluridecennale che ha investito la categoria di malattia di Alzheimer fin dalla sua creazione nel 1910, rispetto all’ambiguità del suo rapporto con i processi cerebrali dell’invecchiamento “normale”.
Questo libro si basa su una ricerca etnografica svolta in un centro disturbi della memoria dedicato alla diagnosi precoce del deterioramento cognitivo ed esamina il ruolo svolto dalla nozione di “normalità” nell’evoluzione del discorso biomedico sulla malattia di Alzheimer e nelle pratiche clinico-diagnostiche contemporanee. La storia di questa categoria nosologica e le azioni concrete che ruotano intorno ad essa – politico-scientifiche, economico-finanziarie e finanche soggettive ed esperienziali – ci introducono nelle più ampie dinamiche di legittimazione del sapere scientifico e di costruzione della realtà medica, al loro potere di influenzare, non sempre suscitando piena adesione, rappresentazioni e vissuti della corporeità, del binomio salute/malattia e della soglia tra “normale” e “patologico”.