• Animamediatica 10-2023
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    Psicologia

    Animamediatica 10-2023
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Animamediatica 10-2023 Ebook

Gli autori

CELARE/SVELARE vol. 2

L’ipocrisia al potere

Il potere ha sempre bisogno di una maschera, poiché essa è tutt’uno con la sua ideologia. L’ideologia “discende per li rami” e trasuda in quella istanza psichica individuale che per la psicoanalisi è il Super- io e che la psicologia analitica chiama il Collettivo. È un corpus affettivo-cognitivo diffuso attraverso la famiglia, le istituzioni sociali e i gruppi formali e informali.
Marx ed Engels ci hanno insegnato che l’ideologia delle classi dominanti si tramuta in visione (e vissuto psichico) dell’intera società. Le classi subalterne aderiscono (per lo più inconsciamente) alla “narrazione” che garantisce il consenso al loro sfruttamento e all’esclusione dall’esercizio del potere. L’ideologia legittima lo stato di fatto imposto dalle classi dominanti e lo ripropone come tendenza psicologica e come imperativo morale.
A questo proposito Slavoj Žižek, portando a sostegno della sua tesi il film di John Carpenter Essi vivono (USA, 1988), sottolinea che sveliamo l’ideologia, non come siamo soliti credere, liberandoci di presunte lenti che ci offuscano la vista, bensì, essendo essa una condizione nella quale viviamo immersi, soltanto se ci dotiamo di una specifica ottica aggiuntiva. Nella pellicola di Carpenter, è quando il protagonista John Nada inforca
casualmente degli occhiali da sole abbandonati da un gruppo di resistenti che prende drammaticamente coscienza che il mondo umano è colonizzato da alieni scheletrici. La difficoltà consiste allora nel mantenere lo sguardo sul mondo tappezzato di comandi subliminali con i quali questa specie mortuaria detiene il potere, e ad agire di conseguenza. Se coltiviamo una disposizione d’animo coraggiosa, cerchiamo di vagliare cosa ci venga proposto come “verità” assodata. Ciò comporta il sottrarci alla tentazione di accettare quel che è già conforme alla nostra ideologia, e di rifiutare automaticamente ciò che è difforme da essa. Ne deriva un’attitudine critica che l’utilizzo spregiudicato dei media (e dei social media), da parte delle agenzie del potere, osteggia. Sappiamo che la propaganda è menzogna, eppure siamo sedotti dalla menzogna che sentiamo corrisponderci. Dobbiamo combattere, dunque, su due fronti: la spinta a piegarci alla “verità” massicciamente manipolata dal più forte - l’indottrinamento occulto che proviene dal mondo “esterno” - e la pressione che ci deriva dal mondo “interno”. Gli studi sull’identificazione con l’aggressore di Sándor Ferenczi, di Anna
Freud6 e di altri psicoanalisti e psicologi, o la celebre nozione di “Sindrome di Stoccolma”, definiscono precisamente come situazioni di inferiorità e impotenza inducano i soggetti che le subiscono a sposare l’orientamento dei loro persecutori. Può essere troppo doloroso prendere coscienza di vivere in un ambiente traumatico, distruttivo, iniquo e francamente inaccettabile. Vale per i contesti familiari e vale anche per quelli sociali. Franco Fornari evocava, a tale proposito, i “codici affettivi del giusto e dell’ingiusto”, che sorgono quando sono rispettati o vengono meno i doveri e i diritti che spettano a ciascun membro di una comunità. In essa, ognuno finisce per ricoprire il ruolo simbolico del Padre o della Madre, del Figlio o della Figlia, del Fratello o della Sorella. La perversione del rapporto tra i ruoli genera sofferenza e patologia sia nella famiglia, sia nei gruppi, sia nella società.

A questo proposito, vorrei sottoporre ai lettori una riflessione che scaturisce dall’emozione per una recente tragedia: la slavina di fango avvenuta nella notte tra il 25-26 novembre 2022 a Casamicciola,
un comune dell’isola d’Ischia. L’immane massa di mota ha travolto interi nuclei familiari, uccidendo persone giovani e bambini, ferendone altre e producendo centinaia di sfollati. Tutti concordano, adesso, nel dire che la catastrofe era evitabile. Chi scrive lo sa benissimo, per esperienza diretta della località in cui si è verificato il disastro, e sa che gli smodati abusi edilizi e l’omessa cura urbanistica sono stati favoriti da cinquant’anni di assenza di un piano regolatore, dall’eterna latenza delle risposte alle richieste di condono per abuso e dalla mancata prevenzione e tutela di un territorio estremamente vulnerabile. Casamicciola appare la metonimia della sprovvedutezza, del cinismo e dell’inconcludenza della politica ambientale perpetrata in ogni zona d’Italia. Ma questa deplorevole condotta amministrativa e politica è stata consentita dal proliferare dell’oscenità ideologica espressa dai vari detentori del potere, una pervicace “droga mentale” grazie a cui si è potuto continuare a far finta di nulla mentre si aveva sotto gli occhi la realtà a cui porre immediato rimedio. Come di consueto, invece, sin dalle prime ore della tragedia, abbiamo assistito al raccapricciante spettacolo offerto da buona parte della classe politica del paese. Anziché ammettere l’ignavia e l’accidia che hanno caratterizzato la gestione del potere (di nessuno escluso) - per comodità, per opportunismo, per cecità -, le parti si sono lanciate in un gioco di accuse reciproche, tese a scaricare sull’avversario di turno le responsabilità del dramma.

In questo senso, ci torna utile ancora una volta il lavoro di Žižek, il quale racconta come “il discorso ideologico osceno” rappresenti una forma di comunicazione funzionale a slegare totalmente le mani di chi detiene il potere, sottraendolo a qualsiasi regola e a qualunque obbligo di giustificare i propri abusi. La riflessione del filosofo sloveno esamina la finta dialettica tra destra populista statunitense e pseudo-progressismo liberal, finalizzata a non intaccare i privilegi del vero potere socio-economico americano, ma è facile trasporre il discorso alle nostre latitudini ed estenderne la portata ad altri ambiti, in cui il confronto politico si dimostra non solo falso e bugiardo, ma oscenamente mistificatorio: 

«Il moralismo puritano del politicamente corretto e l’esibizione pubblica di oscenità della nuova destra populista sono le due facce della stessa medaglia – il problema che le accomuna è di non essere davvero quello che assicurano. Il problema dell’oscenità populista non è di essere irresponsabile sul piano morale, ma di non essere realmente oscena: l’atteggiamento temerario di chi ignora le regole della decenza e bellamente, a briglia sciolta, dice qualunque cosa gli salti in mente è un’impostura che nasconde un mondo sotterraneo pullulante di regole implicite che prescrivono quello che si può e non si può dire. In maniera analoga, non è che la posizione politicamente corretta sia troppo rigida sul piano morale e le difetti il brio dell’oscenità – no, il moralismo eccessivo del politicamente corretto è falso perché insabbia il calcolo opportunistico, l’ipocrisia e la presunzione. È pieno di regole implicite sue proprie: alcune minoranze contano più di altre; l’adozione di criteri lievemente diversi per valutare quel che è proibito e quel che è lecito, criteri che cambiano alla velocità della moda; l’antirazzismo che si fonda su l’arroganza razzista nascosta (un bianco che sollecita agli altri di dichiarare la propria identità rinuncia alla sua e così riserva a sé stesso la posizione dell’universalità); e, soprattutto, la consapevolezza di quali questioni non devono essere poste (il cambiamento sociale radicale ecc.)»

Cambiano i luoghi, i tempi e le ideologie, ma, in definitiva, non cambia il compito di coloro che coltivano faticosamente il cammino d’individuazione. Questo richiede di abitare con consapevolezza il proprio sentire e di formarsi una visione il più possibile nitida delle cose. Chi si individua sopporta l’opposizione esercitata dal suo contesto affettivo e sociale e l’angoscia procuratagli dal sollevarsi dalla propria stessa inerzia. Il soggetto si districa, infatti, dalla spontanea tendenza a identificarsi con i contenuti ideologici, che ha acquisito inconsciamente quale eredità affettiva e disposizione morale mai sottoposte a critica.

 

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